PANINO LIBERO

Panino liberoDi solito era al prosciutto cotto, talvolta col salame; ma c’erano giorni in cui qualcuno, scartando il prezioso involto, rivelava una libidinosa farcitura a base di Nutella e scatenava gli sguardi concupiscenti di tutta la classe. Tanto poi, assaggia di qua e scambia di là, tutti mangiavamo di tutto. Divoravamo quei panini conditi dall’appetito benedetto dell’infanzia, e la ricreazione ci sembrava il momento più piacevole della giornata. Tutto ciò ora sta per finire, e per sempre: Senato e Camera si stanno infatti rimpallando il disegno di legge che bandisce dalla cartella dei bambini e dei ragazzi i panini, ma in generale tutto il cibo preparato in casa, obbligando gli alunni delle scuole dell’obbligo a mangiare nelle mense scolastiche.

Un anno fa una sentenza della Corte d’appello di Torino aveva dato la possibilità alle famiglie di far pranzare i loro figli come ritenessero opportuno, ma ci ha pensato il ddl targato Pd a porre un freno a tanto liberismo: “I servizi di ristorazione scolastica” si legge infatti nel testo della futura legge “sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche”. La pasta al burro insomma sarebbe importante quanto l’ora di matematica, e le carote lesse altrettanto fondamentali della corretta coniugazione dei verbi. Sui panini imbottiti e le brioches alla marmellata aleggerebbe inoltre lo spettrale babau della discriminazione: “Abbiamo visto” dice la senatrice Pd e relatrice del ddl Angelica Saggese “Bambini che venivano ghettizzati, mangiando da soli e lontani dai compagni. Senza dimenticare le questioni igienico-sanitarie”. Una scena straziante: tutti questi poveri frugoletti solinghi e piangenti, relegati negli angoli delle aule con le loro merendine potenzialmente tossiche e infette, mentre i compagni ricchi e crudeli li sbeffeggiano da dietro i piattini di petto di pollo e insalata. Roba da far indietreggiare persino il De Amicis più tosto.

Ovviamente, e direi grazie al Cielo, si è alzata forte la protesta dei genitori, che reclamano il diritto a all’alternativa alla mensa scolastica. Chi parla di una scelta dettata dalla volontà di fare un favore alle grandi aziende della ristorazione, chi sottolinea come proprio le famiglie più indigenti sarebbero penalizzate da questa coercizione, dato che un pasto a scuola arriva a costare anche cinque o addirittura sette euro. Le analisi sono molteplici, ma una soltanto, forse, è stata sinora trascurata: se questa legge passerà, lo Stato avrà fatto un altro passo in avanti nel controllo totale delle nostre vite. Non potremo più decidere nemmeno cosa far mangiare ai nostri figli fuori da casa; credo che non sia del tutto chiara per molti l’enormità di una simile limitazione, che potrebbe ben presto tracimare dal cibo al vestiario, al gioco, a chissà cos’altro. Fantasie?… Non troppo: già ci hanno fatto credere che dire in pubblico “papà” e “mamma” sia vergognoso, non vedo perché non si dovrebbe proseguire su questa strada. Che condurrà, giocoforza, alla più spietata delle dittature: quella mascherata da sollecitudine amorosa. Quella da cui è più difficile liberarsi.

Patrizia Rossetti

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