“Parlamentare, se ci sei batti un colpo!” di Alfredo Lonoce

Parlamentare, sei ancora in tempo, inviaci un segnale della tua esistenza, capacità ed utilità!

Al di là delle dotte opinioni dei consiglieri giuridici di palazzo, l’incostituzionalità dei provvedimenti amministrativi adottati dal Presidente del consiglio fin dal 31 gennaio e dei successivi decreti legge convertiti in legge permane.

Dopo una prima totale assenza di fattive iniziative, protrattasi per ben 22 giorni dalla dichiarazione di emergenza da Coronavirus, ha fatto seguito uno spasmodico protagonismo del Premier Conte per contrastare l’epidemia, mosso evidentemente dalla necessità di sopperire alla sua precedente inerzia colpevole protrattasi dal 31 gennaio (data in cui il consiglio dei ministri ha dichiarato l’emergenza Coronavirus per la durata di sei mesi) fino al 23 febbraio, data del D.L. n.6/2020, assenza di attività questa che sotto il profilo penale potrebbe integrare profili di responsabilità penale per violazione degli artt.452, 589 c.p. in forza dell’art.40 comma 2 c.p..

A parte gli aspetti di ordine penale, su cui, in forza della legge costituzionale n.1/1989, si dovrà pronunciare in prima battuta il Tribunale dei Ministri di Roma, emergono problemi di legittimità costituzionale per il fatto che il primo decreto legge (n.6/2020 convertito in legge 13/2020) era incostituzionale perchè non fissava alcun termine, non individuava quali fossero i poteri del presidente del consiglio, né le modalità del loro esercizio e conseguentemente consentiva, come poi è avvenuto, l’emanazione di atti innominati, i numerosi Dpcm, intervallati da qualche ordinanza ministeriale.

Sostanzialmente con i numerosi Dcpm e gli altri atti di natura amministrativa sono stati violati sempre gli articoli 3, 13, 16, 17, 18, 19, 41 ed altri ancora della Costituzione.

Poi ha fatto seguito il decreto legge 18/2020, anch’esso convertito in legge (L.27/2020), che ha abrogato quasi interamente il primo ed ha cercato di sanare ora per allora tutte le numerose illegittimità compiute con il primo decreto e subito dopo è stato emanato il decreto legge n.19/2020 convertito in legge n.35/2020 con cui ai poteri attribuiti al Premier è stato indicato un termine e sono stati inseriti dei limiti contenuti in un elenco.

L’emergenza sanitaria non doveva, né poteva essere affrontata con il ricorso al D.lgs n.1/2018 per un duplice ordine di ragioni: innanzitutto perché la legge sulla protezione civile riguarda soltanto le calamità naturali e non una emergenza sanitaria ed inoltre perché l’utilizzo di tale legge ha consentito l’assunzione di pieni poteri con la sola delibera del Consiglio dei ministri, scavalcando ed estromettendo di fatto il Parlamento.

E’ quindi evidente l’illegittimità dell’iter procedimentale adottato dal governo e l’incostituzionalità dell’intera impalcatura.

Per affrontare l’emergenza il governo avrebbe dovuto utilizzare invece l’articolo 77 della Costituzione, lo strumento del decreto legge ed in questo modo avrebbe certamente rispettato in pieno i dettami costituzionali.

In alternativa, dal momento che l’emergenza “pandemia” non è assimilabile allo stato guerra disciplinato dall’art.78 Cost., per gestire l’emergenza sanitaria il premier Conte avrebbe potuto usare un altro strumento previsto dalla Costituzione, quello del decreto del Presidente della Repubblica e dell’ordinanza del Ministro della salute, trattandosi di materia rientrante nella profilassi internazionale specificamente prevista dall’art.117, comma 2, lettera q) della Costituzione la cui potestà legislativa è riservata allo Stato nel rispetto della Costituzione.

Invece il Premier con una scelta del tutto discutibile, sicuramente di ordine politico, volta probabilmente alla crescita della sua immagine attraverso una esasperata smania di essere sempre al centro dell’attenzione sui social e nelle emittenti televisive, culminata nella sue numerose conferenze stampa, ha voluto in sostanza accentrare ogni potere nella sua persona, perdendo di vista il particolare che la nostra è una Repubblica parlamentare e non presidenziale.

Naturalmente, come accennato, tutti i decreti legge convertiti in legge potranno essere dichiarati incostituzionali in quanto violano molti diritti fondamentali ed inalienabili tutelati dalla Costituzione che potrebbero essere compressi, limitati o eliminati soltanto con legge di rango costituzionale, sempre che la loro eliminazione non collida con norme derivanti da trattati e convenzioni internazionali cui l’Italia ha aderito.

Per la dichiarazione di incostituzionalità delle leggi e di tutti gli atti adottati dal Premier occorrerà sollevare la questione di illegittimità costituzionale innanzi alla Consulta nel corso di un qualsiasi procedimento civile, penale ed amministrativo in cui venga sollevata la questione di incostituzionalità.

Ancor meglio sarebbe se un parlamentare, seguendo le indicazioni del Presidente della Consulta, decidesse autonomamente di sollevare con azione diretta il conflitto di attribuzione.

Infatti la dr.ssa Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale, nella sua recente relazione annuale non ha soltanto lanciato a tutti un monito perché vengano rispettati i dettami costituzionali, pur in presenza della dichiarata emergenza, ma, pur non essendo tenuta a farlo, ha voluto sottolineare che all’inizio dell’anno 2019 la stessa Corte, con l’ordinanza n. 17 (provvedimento reso su un ricorso presentato dal gruppo di parlamentari del Pd) ha per la prima volta riconosciuto in capo a ciascun componente delle Camere “uti singulus”, la titolarità di un potere dello Stato e quindi la sua legittimazione ad adire la Corte Costituzionale in ipotesi di una manifesta e grave violazione della Carta costituzionale.

Duole dover constatare che ad oggi nessun deputato o senatore abbia ritenuto di esercitare tale facoltà e sentito il dovere di agire direttamente, come è suo diritto innanzi alla Consulta.

Proprio per questo motivo, che deve ritenersi di una inaudita gravità in un momento in cui è messo in discussione il nostro stesso ordinamento giuridico democratico, è inevitabile chiedere ad ogni rappresentante della Nazione: Parlamentare, se ancora ci sei, batti un colpo!

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