WILLIAM BONAPACE – ITALIANI D’ALBANIA – CITTA’ DEL SOLE EDIZIONI 2015

Italiani d'albania

Gianni Amelio, nel suo film “Lamerica” (1994), racconta le sofferenze dei migranti albanesi che tentavano, con barconi e pescherecci, di raggiungere le coste pugliesi e inserisce nella trama il dramma di Spiro, un italiano che, dopo essere stato tenuto prigioniero per circa 50 anni dal regime comunista di Enver Hoxha, ha perso la memoria ed è convinto di essere in Sicilia.  Quel film è stata la sola “rimembranza” che l’Italia, dalla fine della II Guerra Mondiale, ha dedicato ai circa 50 mila esseri umani tenuti praticamente in ostaggio in Albania perché colpevoli di essere italiani. Indubbiamente è una storia pochissimo conosciuta e che merita un approfondimento, quasi per chiedere perdono per un silenzio istituzionale motivato solo dalla “ragion di stato”. Ma iniziamo con l’esame dell’evoluzione storica degli eventi.

La presenza italiana in Albania, estremamente rarefatta sino al 1912, data in cui il paese diventa indipendente dall’Impero Ottomano, si fa lentamente più consistente con il passare degli anni. Inizialmente con micro insediamenti di pescatori pugliesi che costituiscono delle basi per la sosta dei pescherecci in caso di burrasca.

A partire dalla fine della Grande Guerra, il fascismo decide di investire sul futuro del piccolo stato balcanico, avviandone una progressiva colonizzazione attuata attraverso investimenti economici per la costruzione di infrastrutture e industrie. In questa fase viene incentivato il trasferimento di lavoratori, imprenditori che vengono spinti a spostarsi “sull’altra sponda” con le loro famiglie. Successivamente, nel 1939 con l’annessione del Paese all’Impero e con l’invio di funzionari, militari, forze dell’ordine la comunità italiana arriva a contare circa 51 mila presenze. Con lo scoppio del II Conflitto Mondiale ed a causa dello sciagurato tentativo di occupare la Grecia, la presenza di militari italiani sale a 140 mila unità che vivono in Albania il dramma dell’8 settembre. Diventati improvvisamente nemici, gli italiani si trovano tra due fuochi: quello dei tedeschi e quello degli ex sottoposti, gli albanesi, che nel frattempo si sono in larga parte organizzati nel Movimento di liberazione nazionale, di cui fanno parte il Partito comunista di Hoxha ed il Fronte nazionale. I militari che si uniscono alla resistenza sono fra i pochi a salvare anima e pelle dalle violenze diffuse che, per molti versi, ricordano le repressioni titine contro gli italiani di Istria e Dalmazia. Catalogati acriticamente con l’etichetta di fascisti, gli italiani si ritrovano generalmente in trappola. Però, a differenza di Tito, che sceglie la via della pulizia etnica attuata con le foibe, gli internamenti e la spinta all’esodo, Hoxha, al termine della guerra, chiude i propri confini. Vengono lasciati partire rapidamente e con l’onore delle armi i militari che hanno partecipato alla resistenza come, ad esempio, quelli che hanno dato vita alla Brigata Gramsci. Il rilascio diventa invece un processo lungo e irto di difficoltà per quei soldati, sbandati, che erano stati fatti prigionieri dal Fronte Popolare. Di questi, gli ultimi lasceranno l’Albania nel 1950. Una sorte decisamente più dura tocca a Funzionari dello Stato, Carabinieri e Forze dell’Ordine che, per la loro supposta contiguità con il regime fascista, subiscono processi farsa, pene molto dure e, in vari casi, la condanna a morte. I semplici cittadini, i lavoratori che si erano trasferiti nel “Paese delle aquile” perché impiegati in aziende che vi avevano aperto una sede vengono invece segregati e sono costretti a vivere in un regime di semi libertà, privati di ogni diritto relativo alla loro cittadinanza italiana. E’ una condizione che si prolunga sino alla caduta di Hoxha ed al successivo crollo del regime comunista quando i pochi ancora in condizioni di farlo tentano, con altre migliaia di albanesi, la via del mare per raggiungere “Lamerica”. La storia, in larga parte dimenticata o volutamente nascosta, per rimuovere il passato fascista e per non turbare i rapporti internazionali del nuovo ordine geopolitico postbellico, è stata ripresa da William Bonapace con il libro “Italiani d’Albania – Breve storia di una grande rimozione”, pubblicato nel 2015 da Città del Sole Edizioni. L’autore, al di là della rigorosa analisi storica, ha saputo far emergere con sapiente delicatezza drammi personali e familiari, frustrazione e sofferenza per destini non scelti, ma subiti senza possibilità di scampo.         Sono situazioni, sentimenti che accomunano questi nostri connazionali ai milioni di esseri umani che hanno subito sulla propria pelle le gioie dei vari “paradisi socialisti” sparsi per il pianeta, con una sola differenza: le vicende degli “altri” sono state ampiamente documentate dai mass media di tutto il mondo libero; per contro, gli Italiani di Albania sono stati dimenticati, volutamente.

di Roberto Giacalone

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One Response to WILLIAM BONAPACE – ITALIANI D’ALBANIA – CITTA’ DEL SOLE EDIZIONI 2015

  1. Renato MERCHICH says:

    Non c’è niente di più vergognoso di un popolo che non conosce la propria storia.

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