IL TELEGRAFO DEL BRENTA N°7

Agli amici e lettori del Centro studi Alberto Cavalletto – Soc. Coop. editrice di Opinioni Nuove Notizie
DEUTSCHLAND ÜBER ALLES ? RAUS!
considerazioni di Alessandro Berlese
volentieri diffuse dal nostro centro studi

Lo scenario che si sta dipingendo sotto i nostri occhi è quello di una planetaria piaga biblica, le previste conseguenze economiche per l’intero pianeta saranno devastanti e per l’Italia la devastazione si prospetta storica.
L’Italia, che in questo momento, insieme alla Spagna, sta pagando il tributo di vite umane più tremendo, chiedeva a più riprese all’Unione Europea un’azione straordinaria per fare fronte alle previste conseguenze economiche. Entrambe le risposte ricevute sono state molto significative.
La prima risposta, quella data pochi giorni or sono dalla presidentessa della BCE Lagarde ha avuto come conseguenza la distruzione di ricchezza per circa ottocento miliardi di euro in un sol giorno.
La Signora Lagarde non ha avuto il buon gusto personale di dimettersi né i suoi grandi elettori Germanici quello di licenziarla.
La seconda risposta, ricevuta dall’Italia l’altro ieri è stato un malcelato “nein”, sbattuto sul
muso al povero Conte, il quale paga così internazionalmente il prezzo di essere un inutile
volenteroso, inutile perchè politicamente inesistente, figlio di nessuna lobby economica o
potentato e quindi totalmente trascurabile ed insignificante nelle sue azioni e richieste.
Il temporeggiare della Kanzlerin Merkel rappresentava il “nein” di una èlite industriale e
bancaria che teme – in un momento di stress straordinario – la disgregazione del proprio
potere e la perdita della propria notevole capacità finanziaria.
Probabilmente queste paure sono accompagnate dalla prospettiva degli interessanti affari,
dalle possibili acquisizioni, per un pugno di lenticchie, delle eccellenze della penisola distrutta ed affamata. Prospettiva irresistibile per gli sciacalli.
Le pretestuose riserve germaniche fondate sulla necessità di stabilità finanziaria lasciano in realtà riecheggiare spettrali ritornelli fatti di “Deutschland über alles” e di “Gott mit Uns”.
Questo “Nein” dell’altro ieri è rafforzato nella sua efficacia distruttiva dall’effetto leva fornito dall’ineluttabile unione monetaria nella quale una pletora di paludati imbecilli ci ha incautamente cacciati e dalla sovraordinazione strutturale dell’Unione Europea che si rivela per l’Italia una terribile trappola ed un formidabile strumento di oppressione per la primazia germanica, esente da obblighi solidaristici, anche dinanzi alla catastrofe dei sodali.
A fronte dei mille morti di ieri e dei mille di oggi ignobile è il cinismo e criminale è l’egoismo di chi ha pronunciato quel nein. Non è credibile che quella sia la volontà di un popolo evoluto, di un popolo fatto di madri e di padri di famiglia, di lavoratori, di persone fatte di carne, di sangue, di dignità umana, che vorrebbero così negare la solidarietà ai popoli vicini ed ai quali non interesserebbe nè il comune futuro del popolo europeo né la pace del continente.
Più volte mi sono chiesto come avessero potuto padri e madri tedeschi condividere le
disumane scelte ed assecondare le efferate azioni dello stato nazista. La giustificazione storica di un popolo fu quella di non aver potuto scegliere poichè costretti all’obbedienza e qui, per carità cristiana, ci siamo sempre fermati nell’indagine, prendendo per buona la risposta.
Oggi, di fronte allo spietato egoismo degno solo dell’indegno passato dei germanici è a quel
popolo che – prima di trarre le nostre estreme conseguenze – l’Italia e l’Europa devono
rivolgersi e a quel popolo si deve chiedere di far sentire la propria voce prima che sia
consumato un nuovo olocausto.
Se il popolo tedesco saprà dire di no al rivoltante cinismo dei suoi rappresentanti, si rivelerà essere quel popolo maturo, democratico, cristiano e solidale che noi conosciamo, altrimenti dinanzi alla Storia e dinanzi a Dio questa volta non avrà giustificazioni e le conseguenze saranno tremende, anche per lo stesso popolo germanico.
L’Unione Europea è nata non solo per favorire gli accumuli di ricchezze derivanti dai
commerci liberi e dalle industrie libere, ma è nata innanzitutto per creare una fratellanza
continentale capace di scongiurare nuovi conflitti tra nazioni che nei secoli hanno ben saputo dimostrare ancestrali e mai sopite ostilità. Chi oggi fa parte dell’Unione Europea non può distruggerla dall’interno volgendone furbescamente le regole a proprio profitto imponendo la propria primazia a scapito degli altri membri. A chi oggi partecipa all’Unione Europea non è consentito fingere di ignorare che la regola base tra galantuomini è la buona fede e il reciproco aiuto in caso di necessità è la ragion d’essere di qualsivoglia genuino consorzio tra le genti.
A questo punto osservatori e commentatori ipotizzano un’uscita del nostro paese dal consesso europeo, ma sarebbe un errore andarsene così, con la coda tra le gambe. E’ infatti chi oggi intende sottrarsi alle basilari regole di convivenza deve essere messo alla porta.
Abbiano quindi i nostri uomini pubblici, politici e di cultura l’intelligenza politica di rivolgere, in nome del futuro dell’Europa un appello da ciascuna tribuna, da ciascuna piazza, da ciascun cuore al cuore ed all’intelligenza del popolo germanico ed abbia quest’ultimo la forza e la dignità di far giungere chiaro il suo “Jawohl” all’appello, scongiurando così l’epilogo ignominioso di un’Europa sul baratro.
Dio non voglia infatti che si debba trovare il coraggio di opporsi alla violenza dei trattati ed
alla cinica barbarie di chi si trincera dietro ai codicilli, chiedendo perentoriamente
l’estromissione della Germania dall’Unione Europea.
Così fosse, l’esperienza pseudounitaria del vecchio continente sarebbe miserevolmente
conclusa ed all’Italia non resterebbe che volgere ad oriente lo sguardo, con rinnovata libertà ed intraprendenza, in cerca di alleanze economiche e militari che ne favoriscano la rinascita economica e la sicurezza.

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