DI NASCOSTO

Rientro VE III cNon era questo il modo in cui Vittorio Emanuele ed Elena avrebbero dovuto ritornare nella terra su cui regnarono in pace e in guerra, in prosperità e in ristrettezze, in democrazia e in dittatura, per quarantasei anni. I feretri sono rientrati in patria esattamente come avrebbero voluto i loro più acerrimi nemici: nottetempo, in silenzio, di nascosto, ignorati quasi da tutti, accolti da uno sparuto drappello di persone e senza alcun onore, se si eccettua il minimo tributo di pietas che si deve a qualsiasi defunto, una semplice benedizione. Impartita all’aperto, in mezzo a cumuli di neve, nel sagrato del santuario. Solo che a permettere tutto ciò è stata un’iniziativa messa in campo nientemeno che da una parte della stessa famiglia dei due sovrani. Meglio in Italia che all’estero, si è detto da più parti, magnificando la liberalità e magnanimità del Presidente della Repubblica, che avrebbe concesso un non meglio definito “permesso”, vale a dire quello di far seppellire in Italia le salme di due Italiani morti all’estero, e che nessuna legge in vigore impediva di traslare in patria in qualunque momento. Meglio all’estero, si potrebbe rispondere, che ridotti in questo stato vicino all’anonimato, vagamente condiscendente verso chi considera il terzo Re d’Italia e la sua consorte alla stregua di Grandi Colpevoli, degni soltanto di rivivere eternamente il loro presunto crimine e la loro ingiustificata vergogna.

Patrizia Rossetti

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